giovedì 15 ottobre 2015

Aggiornamento di settembre 2015

Mercoledì settembre 2015


Mare di Papaveri  di Amitav Ghosh è il primo libro di una trilogia che unisce avventura a romanzo storico e che narra le vicende di un gruppo di persone così diverse tra loro da rappresentare perfettamente l’origine multirazziale e multiculturale dell’India.
Racconta le avventure della goletta Ibis e del suo equipaggio, un microcosmo etnico e linguistico in cui si intrecciano le storie di una vedova sfuggita al rogo e di un raja condannato ai lavori forzati per debiti, di una giovane orfana francese e del meticcio americano figlio di una schiava liberata, più un'intricata ragnatela di personaggi, schiavisti, coolies, danzatrici, e un assortimento di lascari, marinai provenienti da tutti gli angoli dell'oceano indiano. 
Questo intreccio di storie si dispiega sullo sfondo della Storia, quando il colonialismo inglese impone alle campagne indiane la produzione dell'oppio, da usare come merce di scambio imposta con la forza alla Cina, quando si avvia, dice Ghosh, "un modello economico, militare e ideologico, che allunga la propria ombra anche sul presente.
Le guerre dell'oppio rappresentano l'alba del libero commercio, guerre del capitalismo in difesa del capitalismo, con strutture e modelli che troviamo anche oggi negli stessi luoghi, con le stesse dinamiche, per le medesime ragioni".

Il libro non è facilissimo, dal punto di vista linguistico Ghosh non si risparmia e riesce davvero a tradurre in parole, e in una sola lingua, il coacervo di dialetti, origini, caste alle quali appartengono i numerosissimi personaggi... Per chi poi non se ne intende di mare e di navigazione, alcuni termini risulteranno difficili se non incomprensibili.  Il punto debole di questo romanzo è la sua non fine. Sin dall'inizio è chiaro che ci si trova a leggere il primo capitolo di una trilogia eppure, sino alla fine, si spera che ci sia comunque una fine degna di questo nome. Invece l'interruzione del libro lascia parecchio sospesi: il libro non può essere letto a sé stante, è fondamentale procedere al successivo capitolo : Il fiume dell’Oppio.

lunedì 11 maggio 2015

Aggiornamento di marzo 2015

Le correzioni – Jonathan Franzen 
 
Questo è l'incipit del problematico romanzo “Le correzioni”: “Un fronte freddo autunnale arrivava rabbioso dalla prateria. Qualcosa di terribile stava per accadere, lo si sentiva nell'aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. Raffiche su raffiche di entropia.” Un avvio che avvisa il lettore sulla complessità e drammaticità dell’opera e sembra invitarlo a prestare molta attenzione. Il titolo, come spiegato dall’autore, si riferisce alle "correzioni" verificatesi sul mercato finanziario a fine anni '90 quando il boom economico del periodo precedente inizia a dare segnali di crisi, influendo anche sulle aspirazioni coltivate da alcuni dei protagonisti del romanzo.
Nello stesso tempo c’è un significato più profondo che emerge nel corso della lettura sotto forma degli "aggiustamenti" che ognuno dei Lambert impone a se stesso e ai suoi familiari per aderire il più possibile ai valori tradizionali e conservatori che hanno costituito il fulcro della società americana del dopo-guerra. Il romanzo è avvincente, ricco di input, ora palesi ora più impliciti, a riflessioni psico-sociologiche, si fonda su un sapiente, ben riuscito mix di privato e pubblico, costituito quest'ultimo, da un Occidente capitalista, tecnologico, consumista, disumanizzato ed un Est antiquato e violento, non meno disumano. In queste realtà, entrambe imperfette, scricchiolano le effimere certezze private e si ingigantiscono le crisi individuali dei protagonisti, sempre inadeguati, che fingono un'apparente normalità con l'esterno. L'opera è suddivisa in cinque capitoli, uno per ogni membro della famiglia , più un capitolo finale dedicato al confronto definitivo tra i protagonisti ed un epilogo. Siamo in una cittadina del Midwest dove abitano i coniugi Enid, casalinga e madre di tre figli ormai grandi e Alfred, ingegnere in pensione, con la passione per la chimica, purtroppo ora affetto da Morbo di Parkinson e da demenza senile.
Enid ha un desiderio che pian piano diventa un’ossessione: vuole vedere radunata tutta la famiglia per trascorrere un ultimo Natale insieme, ma è molto difficile portare a compimento questo suo progetto. La donna dopo quarantotto anni di matrimonio vive le trasformazioni dei suoi sentimenti nei confronti del marito e cerca di applicare i suoi metodi educativi, le sue “correzioni” sui figli e sul coniuge, con prepotenza e dispotismo fino a che i figli, stanchi di quel vivere familiare tormentato, cercano disperatamente una loro identità fuori da quel nido opprimente. Gary è il più grande. Sposato e con tre figli, ha una moglie che sempre più, con i suoi atteggiamenti, sembra trascinarlo sull’orlo della depressione. Chip, il preferito di Alfred, dopo un periodo di successo come insegnante di comunicazione visiva, viene licenziato per la relazione con una sua allieva e versa in condizioni economiche disagiate vivendo relazioni difficili e sbagliate con diverse donne e cacciandosi in loschi affari economicamente remunerativi. Denise, la femmina, tanto desiderata dalla madre Enid che non è mai riuscita ad amarla veramente dopo la sua agognata nascita, è una chef di successo che non ha ben chiaro il suo orientamento sessuale, cosa che le farà perdere il posto da lei tanto ambito a causa delle sue ”relazioni pericolose” che esploderanno come una bomba.
Non è ben chiaro se l'intento dell'autore sia quello di beffeggiare l’immagine del maschio o se invece non nasconda un’ondata di misoginia, tanto che le donne da lui rappresentate sono manipolatrici, arriviste e infantili. Fatta eccezione per Denise, l’unico personaggio femminile verso il quale si riesce a provare un po’ di simpatia e che in qualche modo riesce a fare da collante in questa problematica famiglia dimostrando una capacità empatica che manca ai fratelli.

 Romanzo dalla struttura apparentemente semplice, è in realtà complesso e strutturato in modo da mettere in luce una enorme varietà di tematiche, ognuna delle quali andrebbe approfondita e meditata attentamente e si avvale di uno stile accurato e ridondante eccessivamente prolisso, soggetto a frequenti cambi temporali che, anche se non difficoltosi da seguire, disturbano l’attenzione del lettore pur se funzionali ad ogni personaggio preso in esame.

Una feroce dissacrazione del modello perfetto di famiglia inserita all’interno della società borghese americana che tocca il vertice nelle interessantissime pagine dedicate alla malattia del padre e alla vecchiaia in generale e cala in un finale un po’ frettoloso rispetto alla mole descrittiva precedente che lascia il lettore con un gusto un po’ amaro in bocca.

Aggiornamento di febbraio 2015

DAVID GOLDER – IRENE NEMIROVSKY

Chapeau a madame Irene che a soli 26 anni scrisse questo romanzo con uno stile impeccabile, una scrittura limpida e graffiante....un grande talento nella descrizione delle caratteristiche di  personaggi cinici, crudeli e disumani.
Analisi spietata e dolente della inutilità di una vita interamente spesa ad accumulare denaro. Una vita in cui principi e sentimenti vengono annullati dagli interessi materiali e le più abbiette meschinità sono un diritto conclamato.
David Golder è una macchina per fare soldi; e tale lo considerano le persone frivole e fasulle che lo circondano e vivono alle sue spalle. Un uomo incapace di cercare rispetto, felicità, una vita consumata alla ricerca della ricchezza, ma vuota di calore e certezze, un uomo strumentalizzato per produrre denaro.
Nessuno spiraglio di gioia, di felicità gratuita, ma tutto rapportato a misura di denaro di quello palpabile tra le dita, carta che si misura a suon di collane e di cigolò ebeti e parassiti senza arte e né parte.

  Commento di Lucia componente del gdl

Aggiornamento di gennaio 2015

LA SONATA A KREUTZER – LEV TOLSTOJ

Questo breve romanzo di Lev Tolstoj, pubblicato nel 1891 ha come tema la forza dirompente delle passioni, oltre a essere stato un vero fenomeno letterario in quel periodo è un capolavoro così poco tolstojano.
Cominciato a scrivere nel 1889, si dice sia nato da una scommessa fatta da Tolstòj e un gruppo di intellettuali che dopo aver ascoltato la "Sonata" di Beethoven dedicata a Kreutzer, vollero riportare l'impressione della musica nelle arti principali.
Ma ci fu anche qualcosa di biografico: nel 1895 arrivò a Jàsnaja Poljana (proprietà di Tolstòj) un grande musicista russo, Taneev, che suscitò la gelosia del romanziere, dovuta all'infatuazione che ebbe per lui la moglie Sof'ja.
Al momento della pubblicazione inoltre, il libro fu censurato dalle autorità russe, tanto da richiedere l'autorizzazione alla pubblicazione dello zar Alessandro III e della zarina Maria Fedorovna, entrambi estimatori del conte.

E’ un’opera singolare e controversa appartenente al secondo periodo della produzione letteraria del grande scrittore russo, quello successivo alla cosiddetta “conversione”: dopo un’intensa crisi spirituale, Tolstoj aveva vissuto una profonda trasformazione, che si era conclusa con l’abbandono della religione ortodossa in favore del cattolicesimo, cui aveva aderito con una modalità totalizzante, al limite del fanatismo, che lo aveva portato a rivedere molte delle sue convinzioni in merito alla morale e alla vita in generale e che ne aveva influenzato profondamente tutta la successiva produzione letteraria.
Atto d’accusa contro le istituzioni e l’ipocrisia di una vita familiare e sociale basata sull' inganno e la menzogna, “La sonata a Kreutzer” rappresenta l’esposizione delle teorie dell’ultimo Tolstoj in tema di unioni matrimoniali e passioni, ricamando teorie e punti di vista colmi di intenti moralistici e fortemente pervasi di principi religiosi sulla morale sessuale.
A prescindere dall'accondiscendenza del lettore a simili pensieri, oggi sorpassati e spinti all'eccesso, è innegabile il valore del testo.
Nella brevità della narrazione, Tolstoj mette a nudo un uomo solo e torturato da ricordi e pensieri ossessivi, un uomo che non cerca comprensione nel prossimo ma che esplode come fiume in piena, inanellando immagini della propria giovinezza, dell'età adulta, delle esperienze amorose e familiari.
Il protagonista della storia, che si qualifica subito come appartenente all’ agiata nobiltà del paese, durante un viaggio in treno racconta ad uno sconosciuto di aver ucciso sua moglie. Davanti allo sconcerto del viaggiatore, Pozdnysev ripercorre le tappe che in un crescendo drammatico e allucinato lo avevano condotto a diventare un omicida.
I primi capitoli del romanzo, sono una lunga e articolata riflessione sull’ ipocrisia della vita matrimoniale che non è altro che un mascheramento, un inganno, che nasconde la soddisfazione di un istinto animalesco che l’uomo dovrebbe dominare e respingere, consentendosi l’unione carnale solo a fini strettamente necessari alla procreazione.
" Ma guardatele, guardate quelle disgraziate disprezzate da tutti e poi le signore della più alta società : gli stessi abiti eleganti per metterlo in mostra, la stessa passione per le pietruzze ,per gli oggetti costosi e luccicanti, gli stessi modelli, gli stessi profumi, la stessa nudità di braccia, spalle, seni, e lo stesso modo di rigonfiare il s, gli stessi divertimenti, balli, musica, canzoni [...] Volendo darne una definizione precisa bisogna dire che le prostitute a breve termine sono di solito disprezzate, mentre quelle a lungo termine godono del rispetto generale."

Attraverso la condanna della bellezza, come forza corruttrice dell’integrità dell’animo umano, lo scrittore giunge a negare il valore delle arti: la poesia, la musica, sono generatrici di una sensualità ingannevole e illusoria che nel tempo disattende le promesse.
“Provate a domandare a un’esperta civetta, intenzionata a conquistare qualcuno, se preferisca rischiare di essere accusata, in presenza di quello che vuole sedurre, di falsità, crudeltà o anche dissolutezza, o di mostrarsi in un brutto abito mal cucito: tutte preferiranno la prima evenienza. Sanno bene che tutti noi mentiamo parlando degli elevati sentimenti, che tutti gli uomini hanno solo bisogno del corpo, e perciò perdoneranno ogni schifezza, ma non un abito malfatto, inadeguato e di cattivo gusto.”

La musica, con il suo pericoloso potere di suggestione, diviene la causa della follia di Pozdnysev; la sonata di Beethoven, in cui i due strumenti si armonizzano e si fondono è, per il protagonista, un esplicito richiamo al desiderio sensuale di unione tra i due esecutori: la giovane moglie e l’affascinante violinista Truchacevskij.
"La musica in genere è una cosa tremenda. Che cos'è ? Non lo capisco. Che cos'è la musica? Che cosa fa? Dicono che la musica elevi lo spirito [...] Non eleva, né umilia lo spirito, lo eccita, piuttosto."

 Come poscritto, Tolstoj spiega infine in poche pagine il suo pensiero riguardo alla vicenda narrata, ed esprime la propria riprovazione sui costumi della sua epoca in cinque punti fondamentali : la necessità di domare i propri istinti e di conseguenza il valore morale dell’astinenza, la mancanza di fede tra i coniugi, la falsa convinzione che i figli siano un impiccio nella vita matrimoniale, la cattiva educazione dei figli, il dare importanza all’amore carnale e non a ben più validi e duraturi ideali. Rifacendosi infine al Vangelo di Cristo, Tolstoj propugna l’amore per il prossimo, ma un amore idealizzato (ama il prossimo tuo come te stesso), lontano da ogni tentazione mondana. Un messaggio lontano forse dalla nostra concezione della vita, ma che non può esimerci dal considerarlo come un invito ad astrarci dalla meschinità dei legami terreni per aspirare a valori più alti e puri.
Se le teorie espresse nel libro sul ruolo sociale della donna sono inevitabilmente ancorate al contesto storico-sociale in cui l’ autore è vissuto, l’ analisi dei sentimenti e dei rapporti uomo-donna è tragicamente attuale e ci colpisce con la forza della sua modernità.
Omicidi passionali, raptus, pulsioni distruttive, ossessioni morbose, amori malati, sbagliati, costellano tragicamente la cronaca dei nostri giorni, rendendo questo testo, che illustra il percorso di una drammatica perdita di consapevolezza che sfocia nell’ assassinio, incredibilmente attuale.

lunedì 16 febbraio 2015

Aggiornamento di dicembre 2014

OCCHI DI TEMPESTA – Joyce Caroll Oates

In occhi di tempesta, JCO  affronta il tema narrativo dell’adolescenza : protagonista del racconto è la quindicenne Francesca (Franky) , che assiste al progressivo deteriorarsi dei rapporti tra i genitori.  Francesca adora suo padre, l’affascinante, famosissimo commentatore sportivo Reid Pierson, e sceglierà di stare dalla sua parte nel braccio di ferro che lo vede contrapposto alla moglie Krista. A un certo punto, però, Krista scompare.  E Franky “Occhi di tempesta” capirà cosa è meglio fare…
JCO  in questo romanzo, riesce perfettamente a instillare un disagio profondo nel lettore: la narrazione è carica di un sottile, gelido senso di minaccia incombente. Man mano che gli avvenimenti si susseguono la smagliante facciata della famiglia Pierson si sgretola e ne emerge una storia di ossessione familiare, di violenza domestica: dietro il favoloso sogno americano fatto di ville d’autore e ricevimenti si avverte il grande bluff dell’american way of life, dove anche un beniamino del pubblico sportivo può venir stritolato dal feroce meccanismo dei media che trasformano la tragedia in spettacolo.

La prosa della Oates è minimalista, riesce a rendere il mondo delle emozioni e dei sentimenti che i suoi protagonisti vivono senza cadere nelle trappole della banalità e del sentimentalismo. Il delitto in sé è un fatto quasi marginale: perché quello che in realtà interessa alla scrittrice è il meccanismo della crudeltà e le conseguenze che questa genera, e la crudeltà si avverte non come la deflagrazione di un colpo di pistola ma piuttosto come una sottile lama gelida di disagio che turba il lettore e nello stesso tempo ne rimane affascinato
Un capolavoro da una grande scrittrice  del nostro tempo, un romanzo sulla forza dirompente dell’adolescenza, una cronaca familiare che mette in evidenza i difetti della società americana.
Il prossimo appuntamento è per il 24 febbraio con il romanzo di Tolstoj “La sonata a Kreutzer”

Commento di Lucia Moraschini componente gdl

Aggiornamento di novembre 2014

Espiazione – Ian  McEwan

Un libro scritto magistralmente, un romanzo-saggio o saggio-romanzo sulla funzione dell’arte e, nello specifico, della letteratura nella società contemporanea: un’idea geniale quella di far vedere allo spettatore la scena da diverse angolazioni, : riesce a far calare il lettore ancor di più dentro il libro.
Un romanzo  ben dettagliato non solo nelle descrizioni fisiche ma anche in quelle psico-spirituali.
L’ultimo capitolo del romanzo sconvolge e rielabora il senso dello stesso, in quanto da una descrizione impersonale affidata alla terza persona, in assenza di un narratore-personaggio, si passa ad una narrazione in prima persona: è la protagonista principale  Briony, divenuta scrittrice di successo, ormai giunta alla fine della sua vita, che racconta il suo ritorno alla vecchia casa di campagna, trasformata in albergo, per festeggiare con la sua famiglia, il suo settantottesimo compleanno.
Due sono i punti significativi  di quest’ultimo capitolo. Il primo riguarda l’affermazione di Briony di avere più volte cambiato la versione della sorte della sorella Cecilia e del fidanzato  Robbie. Nell’ultima stesura li ha voluti insieme riuniti e felici, mentre precedentemente aveva scelto una fine più tragica. In questo Briony, come artista, rivendica a sé il diritto, quasi divino, di poter decidere della vita e della morte dei suoi personaggi.
Il secondo riguarda la decisione di concludere la storia là dove era cominciata, nello stesso luogo, secondo una tradizione che spesso il romanzo inglese ha rispettato. Come a chiudere un cerchio. Del resto il cerchio è la figura perfetta.

Aggiornamento di ottobre 2014

Il villaggio di Stepancikovo – F. Dostoevskij

Leggendo questo libro il lettore ha la costante sensazione, come Sergej Aleksandrovic, la voce narrante, di esser finito in un manicomio. A Stepancikovo tutto va, infatti, al rovescio di come dovrebbe, tanto che a far da padrone di casa è un buffone e non il padrone stesso, ma anche il resto degli abitanti non scherza in quanto a stravaganze. Una zitella sventata, un paio di improbabili corteggiatori, un servo alla disperata ricerca di un cognome accettabile, una vecchia il cui merito più grande è quello di essere una generalessa ed un cerchio di dame la cui unica funzione è quella di essere inopportune, questi sono una parte degli strampalati abitanti di questa casa. Ma su tutti dominano due figure antitetiche: il padrone di casa Egor Il’ic Rostanev, il cui unico grosso difetto è quello di essere troppo buono, al punto di sentirsi sempre in colpa per qualcosa, e responsabile per gli sbagli altrui; e Foma Fomic, il buffone, l’uomo borioso, che senza alcun merito o qualità inaspettatamente riesce a tenere in soggezione tutti.
L’intento di Dostoevskij è quello di rappresentare alcuni “caratteri” russi, mettendone in evidenza i pregi, difetti e le bassezze, ma a differenza di altri autori per far questo non usa i caratteri pungenti della satira, quanto piuttosto quelli leggeri ed esilaranti della commedia, per cui il lettore invece di abbandonarsi a dei sorrisi agro-dolci si abbandona a delle risate piene. Credo che nessun romanzo m’abbia mai fatto odiare un personaggio come “il villaggio” è riuscito a fare con Foma Fomic. La maestria di Dostoevsky è evidente … il finale non mi è piaciuto.

Commento di Lucia Morasachini componente gdl