Espiazione – Ian McEwan
Un libro scritto magistralmente, un romanzo-saggio o saggio-romanzo sulla funzione dell’arte e, nello specifico, della letteratura nella società contemporanea: un’idea geniale quella di far vedere allo spettatore la scena da diverse angolazioni, : riesce a far calare il lettore ancor di più dentro il libro.
Un romanzo ben dettagliato non solo nelle descrizioni fisiche ma anche in quelle psico-spirituali.
L’ultimo capitolo del romanzo sconvolge e rielabora il senso dello stesso, in quanto da una descrizione impersonale affidata alla terza persona, in assenza di un narratore-personaggio, si passa ad una narrazione in prima persona: è la protagonista principale Briony, divenuta scrittrice di successo, ormai giunta alla fine della sua vita, che racconta il suo ritorno alla vecchia casa di campagna, trasformata in albergo, per festeggiare con la sua famiglia, il suo settantottesimo compleanno.
Due sono i punti significativi di quest’ultimo capitolo. Il primo riguarda l’affermazione di Briony di avere più volte cambiato la versione della sorte della sorella Cecilia e del fidanzato Robbie. Nell’ultima stesura li ha voluti insieme riuniti e felici, mentre precedentemente aveva scelto una fine più tragica. In questo Briony, come artista, rivendica a sé il diritto, quasi divino, di poter decidere della vita e della morte dei suoi personaggi.
Il secondo riguarda la decisione di concludere la storia là dove era cominciata, nello stesso luogo, secondo una tradizione che spesso il romanzo inglese ha rispettato. Come a chiudere un cerchio. Del resto il cerchio è la figura perfetta.
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